Il termine “ARTIGLIERIA”, nell’accezione comune, deriva dal latino “Ars Telorum”, ovvero arte (= sinonimo di perfezione, oltre che di efficacia) nel proiettare lance, dardi in genere o anche (ma sempre prima dell’invenzione della polvere pirica o da sparo) eccellenza nello scagliare, tramite artifizi propulsivi – materiale offensivo di vario genere, natura e dimensioni.
In tal modo potremmo ragionevolmente affermare che – pur essendo considerata inizialmente un’Arte o Abilità individuale o di piccoli gruppi, ma non un’Arma a se stante – il fenomeno artiglieresco sia nato allorché i contrasti della natura umana sono sfociati, all’alba della storia, in lotte, combattimenti, battaglie, assedi …tra moltitudini di uomini.
Il primo impiego regolare però dell’Artiglieria come tale, ovvero come entità a se stante in battaglia, si fa risalire alla metà del quattrocento allorché nascono gli affusti come mezzi di sostegno ed insieme si arriva, attraverso l’utilizzo del bronzo, ad effettuare fusioni metalliche per bocche da fuoco.
Parallelamente i veri proiettili (palle) di ferro prendono il posto delle pietre, sino ad ora variamente utilizzate.
Poi, per un paio di secoli, nulla di veramente nuovo appare all’orizzonte: bisogna infatti arrivare ai primi dell’800 per fare un ulteriore salto di qualità attraverso la scoperta che un corpo contundente, lanciato con grande energia può produrre danni non solo dovuti alla massa in sé, ma anche e soprattutto, attraverso l’adozione di congegni (= spolette) che inneschino in essa una carica congenita, provocando una detonazione e dunque implementando a dismisura l’effetto distruttivo sull’obiettivo.
Parallelamente si procede con lo sviluppo della balistica, approfondito dall’ingegnere inglese Benjamin Robins che studiò gli effetti dell’adozione della rigatura partendo dalle canne dei fucili.
Con l’adozione del sistema di immissione del proietto a retrocarica, fu fatto un decisivo passo in avanti nel mettere a punto ed utilizzare quelle che finalmente assomigliano alla artiglierie di tempi molto recenti.
In tal senso un decisivo contributo fu portato dal Generale G. Cavalli, tra primi a sperimentare gli effetti della rigatura su una bocca da fuoco.
Il primo cannone rigato utilizzato in battaglia fu quello francese da 4 libbre, nel 1859 e tale progenitore fu immediatamente seguito da numerosissimi adepti, anche in Italia (assedio di Gaeta 1860-61).
Nel 1891 poi, con l’invenzione e l’adozione, da parte del Carcano, della rigatura progressiva, inizialmente sui fucili (G ’91), poi sulle artiglierie, si ottenne la determinazione di un minore stress dell’arma, col risultato di allungarne la vita operativa. Razzi e missili ci portano infine, con un progresso tecnico allora inimmaginabile , ai nostri giorni.